La neve d’agosto: la fede audace di Don Lamera raccontata da Don Furio Gauss
Oggi, 5 agosto, la Chiesa celebra la Madonna della Neve. La memoria corre a una notte del IV secolo, a una nevicata miracolosa che imbiancò il colle Esquilino a Roma, indicando il luogo esatto dove la Vergine desiderava la sua casa: l’odierna Basilica di Santa Maria Maggiore. Ma per la nostra Famiglia Paolina, la memoria corre a un altro luogo, a un’altra estate, a un’altra neve altrettanto prodigiosa.
La richiesta di inverno in piena estate
Siamo a Tignale, sul Lago di Garda, nell’agosto del 1969. L’aria è quella densa dell’estate piena. Cinquanta sacerdoti sono in ritiro spirituale, guidati da Don Stefano Lamera, Sacerdote della Società San Paolo (SSP). La sera prima della festa, con uno sguardo profondo, si avvicina a un giovane collaboratore e gli sussurra una richiesta quasi sfrontata: «Senti un po’… prega anche tu la Madonna che domattina qui ci sia la neve».
Un testimone d’eccezione: Don Furio Gauss
A ricevere quella richiesta è Don Furio Gauss, Sacerdote dell’Istituto Gesù Sacerdote (IGS). Non uno qualunque, ma un sacerdote vulcanico, direttore del giornale diocesano a Trieste, anima della pastorale ospedaliera, un uomo della parola e dell’azione.
Proprio lui, che un giorno avrà il privilegio di portare al Fondatore della Famiglia Paolina, il Beato Giacomo Alberione, la notizia della nascita delle prime famiglie del nostro Istituto, ricevendone l’ultima, commossa benedizione, poco prima che tornasse alla Casa del Padre.
Quella sera, l’uomo concreto obbedisce. Prega. Nella notte, il cielo si rompe in un violento temporale. E al mattino, il prodigio. «Spalancai le imposte – racconta la sua voce in una preziosa registrazione – e vidi la neve».
Oltre il prodigio: un segno per le anime
Ma il vero miracolo, la lezione che ancora oggi ci interpella, non era il freddo anomalo. Era la disarmante semplicità della ragione nascosta nel cuore di Don Stefano. Quando Don Furio, sbalordito, gliene chiese il motivo, lui rispose con la cura del pastore: «Volevo avere dalla Mamma un segno che mi garantisse che tutti i sacerdoti qui presenti hanno fatto bene gli esercizi e tornano a casa in grazia di Dio».
L’eredità di una fede concreta
Ecco la fede che abbiamo ereditato. Non la ricerca di un prodigio per stupire, ma un segno concreto chiesto per una premura invisibile, per la salvezza delle anime. È questa la radice della nostra spiritualità di famiglie consacrate: una fede che si fa carico degli altri, che non si accontenta di preghiere formali ma chiede a Dio di intervenire nella storia, qui e ora. Un’eredità che ci impegna a vivere con la stessa, fiduciosa e audace concretezza.
Ascolta il racconto dell’episodio narrato dalla voce di Don Furio Gauss cliccando qui o sul tasto play a seguire
Équipe Comunicazione
Istituto Santa Famiglia