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Lettera pastorale sulla sessualità umana della Conferenza Episcopale Nordica – Quaresima 2023

La Conferenza Episcopale Nordica, a conclusione della sua Assemblea di primavera tenutasi a Copenaghen, il 26 Marzo 2023, ha pubblicato una lettera pastorale sulla sessualità umana, con lo scopo di indicare la strada ai credenti e persone di buona volontà, che sono turbati da una visione troppo mondana dell’essere umano.

La riportiamo, tradotta, a seguire.

Versione pdf qui NBK_Lettera_pastorale_quaresima_2023_IT

 

Équipe Comunicazione
Istituto Santa Famiglia

 


 

CONFERENTIA EPISCOPALIS SCANDIÆ
Lettera pastorale sulla sessualità umana
5ª Domenica della Quaresima 2023

Cari fratelli e sorelle,
I quaranta giorni di Quaresima sono un richiamo ai quaranta giorni in cui Cristo
digiunò nel deserto. Ma non solo. Nella storia della salvezza, i tempi di quaranta giorni
segnano varie tappe nell’opera della redenzione portata avanti da Dio e che continua
ancor oggi. Un primo intervento ebbe luogo ai giorni di Noè. Avendo visto la rovina
operata dall’uomo, il Signore sottopose la terra a un battesimo purificatorio. ‘Cadde la
pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti’. Da qui un nuovo inizio.
Quando Noè e i suoi parenti tornarono in un mondo ripulito dall’acqua, Dio fece il
suo primo patto con ‘ogni carne’. Promise che mai più il diluvio avrebbe distrutto la terra.
Agli uomini chiese giustizia: onorare Dio, costruire la pace, essere fecondi. Siamo chiamati
a vivere beati sulla terra, a trovare gioia gli uni negli altri. Il nostro potenziale è
meraviglioso finché ricordiamo chi siamo: ‘perché a immagine di Dio, Egli ha fatto
l’uomo’. Siamo chiamati a dare compimento a questa immagine attraverso le scelte di vita
che facciamo. Per ratificare la sua alleanza, Dio pose un segno nel cielo: ‘Il mio arco pongo
sulle nubi ed esso sarà il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando apparirà l’arco sulle
nubi, io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni
carne che è sulla terra’.
Il segno dell’alleanza, l’arcobaleno, oggi è rivendicato come simbolo di un
movimento allo stesso tempo politico e culturale. Riconosciamo quanto c’è di nobile nelle
aspirazioni di questo movimento. Le condividiamo nella misura in cui parlano della
dignità di tutti gli esseri umani e del loro desiderio di visibilità. La Chiesa condanna ogni

ingiusta discriminazione, qualunque sia, anche quella che si fonda sul genere o
sull’orientamento sessuale. Dissentiamo da esso, tuttavia, quando il movimento propone
una visione della natura umana che astrae dall’integrità incarnata della persona, come se
il sesso fosse qualcosa di accidentale. E ci opponiamo quando tale visione viene imposta ai
bambini come una verità provata e non un’ipotesi ardita, e imposta ai minori come un
pesante carico di autodeterminazione al quale non sono preparati. È curioso: la nostra
società tanto preoccupata per il corpo, di fatto lo prende alla leggera, rifiutando di vedere
il corpo come segno di identità, e supponendo di conseguenza che l’unica individualità sia
quella prodotta dall’autopercezione soggettiva, costruendo noi stessi a nostra immagine.
Quando professiamo che Dio ci ha fatti a sua immagine, questa non si riferisce solo
all’anima. Appartiene misteriosamente anche al corpo. Per noi cristiani il corpo è legato
intrinsecamente alla personalità. Noi crediamo alla risurrezione del corpo. Naturalmente,
‘saremo tutti trasformati’. Cosa sarà il nostro corpo nell’eternità è difficile immaginarlo.
Crediamo nell’autorità biblica, fondata sulla tradizione, che l’unità di mente, anima e
corpo durerà per sempre. Nell’eternità saremo riconoscibili per quello che già ora siamo,
però gli aspetti conflittuali che ancora impediscono lo sviluppo armonioso del nostro vero
sé saranno stati risolti.
‘Per grazia di Dio sono quello che sono’. San Paolo ha dovuto lottare con se stesso
per fare in fede questa affermazione. Così, abbastanza spesso, anche noi. Siamo
consapevoli di tutto ciò che non siamo; ci concentriamo sui doni che non abbiamo
ricevuto, sull’affetto o sull’affermazione che manca nella nostra vita. Queste cose ci
rattristano. Vogliamo rimediare. A volte è ragionevole. Spesso è inutile. Il cammino
dell’accettazione di noi stessi passa attraverso il nostro impegno con ciò che è reale. La
realtà della nostra vita abbraccia le nostre contraddizioni e ferite. La Bibbia e le vite dei
santi mostrano che le nostre ferite possono, per grazia, diventare fonti di guarigione per
noi stessi e per gli altri.
L’immagine di Dio nella natura umana si manifesta nella complementarietà del
maschile e del femminile. L’uomo e la donna sono creati l’uno per l’altra: il comandamento
di essere fecondi dipende da questa reciprocità, santificata nell’unione nuziale. Nella
Scrittura, il matrimonio dell’uomo e della donna diventa immagine della comunione di
Dio con l’umanità, che sarà perfetta nelle nozze dell’Agnello alla fine della storia. Non
significa che tale unione, per noi, sia facile o indolore. Ad alcuni sembra un’opzione

impossibile. Ad un livello interiore, l’integrazione di caratteristiche maschili e femminili
può essere ardua. La Chiesa lo riconosce. Desidera abbracciare e consolare tutti coloro che
vivono con difficoltà questa problematica.
Come vostri vescovi vogliamo sottolineare che siamo qui per tutti, per
accompagnare tutti. Il desiderio di amore e la ricerca di un’integrazione sessuale tocca
intimamente gli esseri umani. Sotto questo aspetto siamo vulnerabili. Ci vuole pazienza
nel cammino verso l’integrazione — e gioia per ogni passo ulteriore. C’è già, per esempio,
un enorme salto di qualità nel passare dalla promiscuità alla fedeltà, indipendentemente
dal fatto che la relazione stabile corrisponda pienamente o meno all’ordine oggettivo di
un’unione nuziale sacramentalmente benedetta. Ogni ricerca di integrazione è degna di
rispetto, merita incoraggiamento. La crescita in saggezza e virtù ha uno sviluppo organico.
Avviene gradualmente. Allo stesso tempo la crescita, per dare buoni risultati (o per essere
feconda), deve procedere verso una meta. La nostra missione e il nostro compito di vescovi
è indicare il cammino pacificante e vivificante dei comandamenti di Cristo, stretto
all’inizio, ma che si dilata man mano che avanziamo. Mancheremmo nei vostri confronti se
offrissimo di meno. Non siamo stati ordinati per predicare nostre piccole nozioni.
Nell’ospitale fraternità della Chiesa c’è posto per tutti. La Chiesa, dice un antico
testo, è ‘la misericordia di Dio che scende sugli uomini’. Questa misericordia non esclude
nessuno, ma stabilisce un alto ideale. L’ideale è enunciato nei comandamenti, che ci
aiutano a crescere rispetto a concezioni di sé troppo anguste. Siamo chiamati a diventare
donne e uomini nuovi. In tutti noi ci sono elementi caotici che vanno messi in ordine. La
comunione sacramentale presuppone un consenso coerentemente vissuto alle condizioni
poste dall’alleanza sigillata nel sangue di Cristo. Può accadere che le circostanze rendano
impossibile ad un cattolico ricevere i sacramenti per un certo periodo. Non è per questo
che cessa di essere membro della Chiesa. L’esperienza d’esilio interiore abbracciato nella
fede può portare ad un più profondo senso di appartenenza. Nelle Scritture gli esili spesso ci
rivelano questo. Ognuno di noi ha un esodo da fare, ma non camminiamo soli.
Il segno della prima alleanza di Dio ci circonda anche nei momenti di prova. Ci
chiama a cercare il senso della nostra esistenza, non tanto nei frammenti di luce
dell’arcobaleno, ma nella fonte divina dello spettro pieno e meraviglioso che è di Dio e che
ci chiama ad essere simili a Dio. Come discepoli di Cristo, immagine di Dio , non
possiamo ridurre il segno dell’arcobaleno a qualcosa di meno del patto vivificante tra il
Creatore e la creazione. Dio ci ha conferito ‘beni grandissimi e preziosi che erano stati

promessi, perché diventassimo per loro mezzo partecipi della natura divina’. L’immagine
di Dio impressa nel nostro essere richiama la santificazione in Cristo. Qualsiasi
considerazione del desiderio umano che ponga l’asticella più in basso di questo è
inadeguato da un punto di vista cristiano.
Ora, le nozioni di ciò che significa essere umano, e quindi a essere sessuato sono in
divenire. Ciò che oggi è dato per scontato domani può essere rifiutato. Chiunque
scommette molto su teorie passeggere rischia di essere assai mortificato. Abbiamo bisogno
di radici profonde. Cerchiamo allora di appropriarci dei principi fondamentali
dell’antropologia cristiana, mentre ci avviciniamo con amicizia, con rispetto, a coloro che si
sentono estranei ad essi. Lo dobbiamo al Signore, a noi stessi e al nostro mondo, per
rendere conto di ciò in cui crediamo e del perché crediamo che sia vero.
Molti sono perplessi dall’insegnamento cristiano tradizionale sulla sessualità. A
questi offriamo un’amichevole parola di consiglio. Innanzitutto: cercate di familiarizzare
con la chiamata e la promessa di Cristo, di conoscerlo meglio attraverso le Scritture e nella
preghiera, attraverso la liturgia e lo studio di tutto l’insegnamento della Chiesa, non solo
attraverso frammenti presi qua e là. Partecipate alla vita della Chiesa. Così si amplierà
l’orizzonte delle domande dalle quali siete partiti, e anche la vostra mente e il vostro cuore.
In secondo luogo, consideriamo i limiti di un discorso puramente laico sulla sessualità. Ha
bisogno di essere arricchito. Abbiamo bisogno di termini adeguati per parlare di queste
cose importanti. Avremo un contributo prezioso da offrire se recupereremo la natura
sacramentale della sessualità nel disegno di Dio, la bellezza della castità cristiana e la gioia
dell’amicizia, che mostra quale grande intimità liberatrice si può trovare anche nelle
relazioni non sessuali.
Il punto dell’insegnamento della Chiesa non è quello di ridurre l’amore, ma di
realizzarlo. Alla fine del prologo, il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 ripete un passo
del Catechismo Romano del 1566: ‘Tutta la sostanza della dottrina e dell’insegnamento deve
essere orientata alla carità che non avrà mai fine. Infatti sia che si espongano le verità della
fede o i motivi della speranza o i doveri dell’attività morale, sempre e in tutto va dato
rilievo all’amore di nostro Signore. Così da far comprendere che ogni esercizio di perfetta
virtù cristiana non può scaturire se non dall’amore, come nell’ amore ha d’altronde il suo
ultimo fine.’ Da questo amore è stato fatto il mondo, e ha preso forma la nostra natura.
Questo amore si è reso manifesto nell’esemplarità di Cristo, nel suo insegnamento, nella
sua passione salvifica e nella sua morte. L’amore ha trionfato nella sua gloriosa

risurrezione, che celebreremo con gioia durante i cinquanta giorni della Pasqua. La nostra
comunità cattolica, dalle molte sfaccettature e dai tanti colori, possa testimoniare questo
amore nella verità.

+Czeslaw Kozon, København — Praeses
+Anders Cardinal Arborelius OCD, Stockholm
+Peter Bürcher, Emeritus Reykjavik
+Bernt Eidsvig Can.Reg., Oslo
+Berislav Grgić, Tromsø
P Marco Pasinato, Ap.Adm. Helsinki
+David Tencer OFMCap, Reykjavik
+Erik Varden OCSO, Trondheim

 

Fonte: https://www.nordicbishopsconference.org

 

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