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Nella bottega di Corinto, l’incontro che unì Paolo, Aquila e Priscilla

C’è una santità che non fa rumore, che si costruisce nel silenzio operoso delle case e nella forza di due mani che lavorano allo stesso banco. È la storia di Aquila e Priscilla, una coppia di sposi che oggi il calendario ci invita a riscoprire, non come figure lontane, ma come compagni di viaggio concreti, vicini alle nostre stesse fatiche.

Un incontro tra artigiani, una porta aperta al momento giusto

Un editto dell’Imperatore Claudio li aveva costretti a lasciare Roma, a farsi migranti con il loro mestiere nelle mani: fabbricare tende. È così che li troviamo a Corinto, città portuale e crocevia di popoli. Ed è qui che un giorno alla loro porta bussa un uomo stanco e solo, reduce dalle delusioni di Atene. Si chiama Paolo, un predicatore appassionato, ma è anche, provvidenzialmente, un fabbricante di tende come loro. Lo accolgono, e in quel gesto c’è tutto: la solidarietà tra colleghi, certo, ma soprattutto una fede che si fa servizio, diventando il punto di svolta per la sua missione. Ecco perché la loro intesa non nasce in un tempio, ma si salda tra gli odori del cuoio e il rumore degli attrezzi del loro stesso mestiere.

Non solo un tetto, ma un focolare per la missione

Paolo non trova solo un tetto, ma una famiglia. Aquila e Priscilla non offrono solo un giaciglio, ma aprono la porta della loro vita, condividendo il lavoro, il pane e un progetto più grande. La loro casa diventa una “chiesa domestica”, un porto sicuro per i primi cristiani, un laboratorio dove la fede si intreccia con la normalità dei giorni. Viaggiano con Paolo, lo seguono a Efeso, rischiano in prima persona per lui.

«Collaboratori»: la firma di un’alleanza tra pari

Non è un caso se l’Apostolo, nella sua Lettera ai Romani, li definisce con una parola densa di stima e affetto: “collaboratori“, non semplici aiutanti. Un riconoscimento di pari dignità che Paolo stesso sottolinea nominandoli sempre insieme, a volte invertendo l’ordine dei nomi. È il segno di un’alleanza in cui il “noi” della coppia si fa forza generativa; un’alleanza dove non c’è chi guida e chi segue, ma due persone che, insieme, diventano una forza.

La loro testimonianza diventa così uno specchio. Ci mostra che l’amore più autentico non è un cerchio che si chiude, ma un porto sicuro da cui si salpa insieme verso gli altri. Forse, la loro lezione più grande sta tutta qui. Nella scoperta che la vita diventa memorabile non quando si accumula per sé, ma quando si trova il coraggio di aprire la porta, trasformando una semplice casa nel primo, fragile e insostituibile, mattone di una comunità cristiana dove Gesù Cristo è il centro. Anzi: è il tutto!

 

Équipe Comunicazione
Istituto Santa Famiglia

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