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Tra Confessioni e Comunicazione: il legame segreto di Agostino e Alberione

Oggi, 28 agosto, mentre celebriamo Sant’Agostino, gigante il cui pensiero ha scolpito secoli di cristianesimo, è illuminante percepire un legame profondo, quasi un filo d’oro, che congiunge la sua anima tormentata a quella del Beato Giacomo Alberione. Un ponte di ispirazione e risonanze spirituali che attraversa le epoche.

La conoscenza di sé e di Dio

Alberione, uomo del Novecento ma dallo sguardo rivolto all’eternità, fu un discepolo silenzioso, interprete attento del grido antico: “Noverim Te, Domine, noverim me!” — ch’io conosca Te, Signore, e che conosca me. Questa preghiera agostiniana, cardine dell’esame di coscienza, divenne per il fondatore della Famiglia Paolina la chiave per una spiritualità autentica, un faro nella formazione delle anime. Conoscere Dio per conoscere sé stessi, in un abbraccio mistico che svela la verità più profonda dell’essere.

Il coraggio della verità e della trasformazione

È in questa ricerca della verità che Alberione attinge alla lezione agostiniana sul dolore del peccato. Non un pentimento effimero, ma quel “dolore di Pietro, di Agostino” che non teme di svelarsi, di pubblicare le proprie fragilità, come il Vescovo di Ippona fece nelle sue Confessioni. Un atto di umiltà radicale che non si nasconde, ma si espone, trasformando la colpa in trampolino verso un “serio proposito di cambiare vita.”

Il dialogo tra i due giganti prosegue nell’Eucaristia, “cibo dei grandi”, dove Cristo trasforma l’uomo in Lui. E nell’apostolato stesso: Agostino, grande comunicatore della fede, diventa precursore e ispiratore per l’apostolato dei mezzi di comunicazione sociale che Alberione avrebbe innovato.

Rivoluzionari nel tempo

Entrambi furono rivoluzionari. Agostino trasformò la filosofia pagana in teologia cristiana; Alberione, i mezzi di comunicazione in strumenti di evangelizzazione. Entrambi compresero che il Vangelo non teme le novità del tempo, ma le attraversa per illuminarle dall’interno.

Oggi, in Alberione possiamo riconoscere l’erede spirituale di Agostino. Due uomini che non ebbero paura di sporcarsi le mani con la cultura del proprio tempo, convinti che “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio“. La stessa passione, la stessa audacia, la stessa fede trasformante che attraversa i secoli.

 

Équipe Comunicazione
Istituto Santa Famiglia

 

Per l’approfondimento
Nella Comunione non è l’uomo che assimila e trasforma il pane eucaristico; ma Gesù-Ostia che trasforma l’essere nostro in Lui. S. Agostino fa dire al Signore: «Io sono il cibo dei grandi, cresci e mi mangerai; ma non sarai tu che trasformi me in te, come il cibo corporale; sarai, invece, tu trasformato in me» (Confessioni, VII, 10). La carne, poco per volta, viene più sottomessa allo spirito, riceve un germe di immortalità, «ego resuscitabo eum in novissimo die». (Beato Giacomo Alberione, San Paolo, dicembre (1956) 1-2 in Considerate la vostra vocazione, p. 554)

Il dolore dei peccati è una cosa che deve durare sempre, in continuità. Avere il dolore di Pietro, di Agostino, il quale non solo si pentì, ma pubblicò i suoi peccati nel libro di Le confessioni. Il dolore, se è vero, significa un atto di umiltà e produce un serio proposito di cambiare vita. (Beato Giacomo Alberione, Alle Figlie di San Paolo 1950, p. 184)

 

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